MOTO


LE MIE BAMBINE


O' Animale

Minipimer

Berta La Rossa

**********************************************************************

CARTAGENA!






TI PORTERO’ A CARTAGENA

Cronaca di un successo inaspettato

 -          365 giorni

Eh si, la cosa è cominciata proprio un anno fa circa. (Ottobre 2003 ndr.)

Mauro, uno dei fondatori della Deccla, il club che organizza la 6 ore a Cartagena ed altre gare di endurance in Spagna, colpito dalle straordinarie prestazioni in quel di Monza durante le Giornate Mondiali Guzzi, aveva invitato Alberto, Mauro e Roberto a correre la 6 ore con una delle moto, e che moto!, del loro Team.

I tre avevano, ovviamente accettato di corsa ed avevano disputato una gara molto più che onorevole, conquistando un ottimo piazzamento, considerando che avevano perso più di un ora al box per vari problemi.

Il giovedì immediatamente successivo, al consueto aperitivo, Alberto ha iniziato la sua implacabile azione di sgretolamento ai fianchi: “Ma dai, perché non vieni anche tu? In fondo il tuo Le Mans ha già il motore preparato, levi le frecce e i fari e praticamente è pronta, …” dico: “ma non son mai andato in pista, è pericoloso.” “ma va, si va per divertirsi, non c’è nessuno che tira veramente” (questa frase mi ritornerà molte volte in mente un anno dopo …).

Un piccolo ma inesorabile tarlo comincia a farsi strada nella mia mente: correre in pista, e poi in un endurance, le gare che in fondo mi hanno sempre affascinato, fin dai tempi della 24 ore di Le Mans con le sfide Ferrari - Porsche. Ne accenno al Maestro Firmino, mio nume tutelare e profeta motociclistico che, con il consueto tatto, provvede a dissuadermi. “ma che sei completamente rincoglionito? Alla tua età? Che non sei mai stato in pista in vita tua? Che vai la e ti ammazzi, quelli corrono sul serio, son mica mezze pippe…..”


Ok, non se ne fa niente, è stata un’idea un po’ così; peccato, mi sarebbe piaciuto, guardo O’Animale con malinconia, per lui in fondo mi spiace…

-          253 giorni

 Aperitivo del giovedì, Alberto è appena rientrato dalla 5 ore, sempre a Cartagena (a gennaio è più corta perché c’è meno luce), sempre con il team di Abba, sempre con una moto della madonna (certe persone hanno più culo che anima), dove i tre Minchions hanno addirittura vinto, complici anche alcuni ritiri degli equipaggi favoriti ma, d’altra parte, come si vedrà meglio in seguito, le gare di durata sono di durata, se no le chiamavano in un altro modo.

“ma dai, perché non vieni anche tu? In fondo il tuo Le Mans ha già il motore preparato, levi le frecce e i fari e praticamente è pronta, …”.

 Già levi le frecce e i fari, come se fosse semplice… Adesso è più di un tarlo, in fondo loro sono andati già due volte ed è tutto andato benissimo, anzi, hanno addirittura vinto, e poi è vero, il mio motore è già pronto, mettere a posto il resto non dovrebbe essere difficilissimo, esco, guardo O’ Animale, mi fa un pò pena, così possente, muscoloso, girare per le vie di Milano, a 20 all’ora, in mezzo a cazzoni scuterati, automobilisti rincoglioniti, pavé e rotaie del tram… Monto in sella, avvio, lui romba, e penso: “Ti porterò a Cartagena” è deciso. (Patrignani mi perdonerà).

Per prima cosa provvedo ad informare il Maestro, in fondo sarà lui a prepararmi la moto ed è bene accertarsi della sua disponibilità, oltre a cominciare il fitto scambio d’idee, normalmente condito da abbondanti  vaffanculi, sulle modifiche da apportare alla bestia per portare a termine dignitosamente la gara (non l’ho ancora detto, ma io ho un ego smisurato, secondo solo ad alcuni guzzisti che conosco, ed un senso della competizione assolutamente smodato, quasi morboso; qualunque gara intraprendo, dalla corsa nei sacchi al torneo di briscola chiamata, partecipo solo per vincere e,quando non vinco, il che in verità avviene quasi sempre perché, come è noto, fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, ci rimango male, ma male, ma così male……)

Sto divagando.

Vado da Firmino e gli espongo la cosa; solito garbato tentativo di farmi cambiare idea  “ma che sei completamente rincoglionito? Alla tua età? Che non sei mai stato in pista in vita tua? Che vai la e ti ammazzi, quelli corrono sul serio, son mica mezze pippe…..” Ma stavolta son preparato: “Maestro” gli dico “ho quasi 50 anni, è capitata questa opportunità, se non vado adesso, quando? A 65 anni con la prostata infiammata, il catetere sotto il sellino e un principio di Parkinson che mi fa andare la moto a balzelloni? (si scoprirà più tardi che per questo non è obbligatorio il Parkinson…).

Capisce che sono determinato, ma iniziano subito i casini: lui non può preparami la moto: ha venduto l’officina, lo hanno appena operato e per di più la mamma è in fin di vita.

Da solo non ce la posso fare, mi mancano alcune conoscenze meccaniche fondamentali; decidiamo di trovare qualcuno che dia una mano, Firmino fungerà da consulente ed il lavoro sarà fatto nel mio box. Contattiamo Luca, guzzista munito di 1100 Sport che ha lavorato per qualche mese con Firmino dopo la laurea. Accetta, si parte.

Da – 253 a – 30


 Comincia l’avventura e comincia la scoperta di un mondo magico e sotterraneo di cui ignoravo completamente l’esistenza: il mondo delle moto d’epoca da competizione.

Innanzitutto smontiamo completamente O’Animale e imballiamo con cura ogni singolo pezzo nella plastica a bolle. L’idea è, fatta la gara, di rimontarlo pari pari com’era prima; non ho alcuna intenzione di rovinare il mio Le Mans I n. 316, bellissimo, più bello di quello che c’è al museo Guzzi, più bello perfino (mi tremano i polsi al solo pensarlo) di quello di Fange!

Contemporaneamente si da il via alla raccolta dei pezzi necessari alla bisogna. Vengono coinvolti un po’ tutti:

Da Firmino:

  • Consulenza tecnica
  • Dissuasione permanente
  • Cerchio anteriore Borrani Competizione del V7 Sport.
  • Carburatori da 40 (senza pompa di ripresa, mi raccomando!?)
  • Cambio modificato ad innesti ravvicinati (il dentidritti non me l’ha voluto dare, un po’ perché non ha voglia di tirarlo giù da una delle sue moto da corsa, un po’ perché è convinto che, alla prima sfollatona, glielo avremmo disintegrato)
  • Scarichi aperti (che poi non monteremo)
  • Pezzi vari ed assortiti: pompa e tubi freni, leve, batteria, semimanubri, ecc.
Da Bruno Scola:

  • Consulenza tecnica
  • Incitamento permanente
  • Cerchio posteriore completo
  • Flange, distanziali, rondelle e rettifiche varie per la ruota anteriore
  • Sellino in neoprene.
Da Mauro Abbadini:

  • Tutta la carrozzeria in vetroresina
  • Comandi arretrati
Da Motocicli Veloci:

  • Pneumatici
  • Contagiri elettronico
  • Leveraggi vari
  • Verniciatura carrozzeria
  • Supporto per il capolino (fatto apposta)

E così cominciano i sabati mattina chiusi nel box, si monta, si smonta, si rimonta, si prova, si riprova e, invariabilmente, ogni settimana si chiude con la consapevolezza che non ce la faremo mai, che sarà un miracolo riuscire a portare la moto in Spagna in tempo.

I nostri obiettivi ci sono molto chiari.

  1. portare la moto a Cartagena, possibilmente funzionante
  2. completare la gara senza farsi male
  3. magari lottare per arrivare non proprio ultimi.
Intanto si comincia a pensare al team: una gara di endurance non si può affrontare da soli, ci vogliono tre piloti ed almeno due – tre persone che diano una mano ai box.

Due piloti ci sono (o almeno ci sarebbero dovuti essere, l’esperienza insegnerà che in queste cose non ci sono mai certezze), io e Luca, manca il terzo. Mi piacerebbe coinvolgere Marcello “Macho”, innanzitutto un amico, lo corteggio fino al raduno di Trevignano ma non c’è niente da fare, non cede, non ho capito bene perché ma non se la sente. Propongo allora la cosa al Marchino, un simpatico ducatista che gravita comunque nell’orbita del Maestro, che accetta con slancio.

Manca il resto del team; chiedo a Davide ed Ilenia di darci una mano ai box come meccanico e cronometrista, accettano subito entusiasti. Luca “Coluke” si offre di aiutarci con i rifornimenti: il team è fatto.

 Nel frattempo mi sovviene che non sarebbe stato proprio il massimo presentarsi per la prima volta in pista direttamente in gara, così approfitto dell’opportunità data dalla Sfida di Adria e mi iscrivo a due turni con il Ducati.

La prima volta in pista non la dimenticherò mai: imbarazzante per me e, soprattutto, per chi guardava e assolutamente sconvolgente; non credo di aver mai avuto così paura in vita mia, dire che sono legato è un eufemismo. Comunque, nonostante la paura e la figuraccia, metabolizzo e decido che si può fare, archiviando nella mente alcune considerazioni che poi verranno buone a Cartagena.

Nonostante tutto a fine luglio la moto è, per la gran parte, completata; mancano ancora un po’ di cose, capolino, contagiri, verniciatura, messa a punto, ma per settembre dovremmo farcela.

Contemporaneamente arriva la prima tegola, avvisaglia di un settembre rosso shocking: Marchino, girando a Brno nel corso di un raduno Ducati, cade sull’olio e si rompe la clavicola! Lui ritiene di potercela fare in tempo, in fondo mancano ancora 60 giorni. Certo, non dovesse farcela, oltre alla mancanza di un pilota si porrebbe il problema del trasporto: infatti, in quanto possessore di un carrello, si era offerto di portare giù la bestia.

Nuvole nere si addensano all’orizzonte. Si va in ferie.

 Da – 30 a – 2

 Come previsto al rientro dalle ferie cominciano i casini veri:

Primo casino: Marchino non ce la fa; la clavicola non si è saldata bene e quindi non potrà essere della partita. Improvvisamente manca un pilota ed il mezzo per portare giù la moto.

In preda a depressione parlo con Alberto che immediatamente, mi offre il suo camper Westfalia, appena comprato ma munito di gancio, per il viaggio e si attiva per cercare un pilota sostitutivo: salta fuori il nome di Fabio, in arte Natalino Balasso, un mio simpatico coetaneo che avevo conosciuto a Mandello quando, con la sua Daytona customizzata aveva vinto il primo premio per la più bella special. Alberto mi dice che è uno che va in circuito abbastanza spesso con una Ducati 900; penso, peggio di me sarà impossibile, in realtà mai e poi mai mi sarei aspettato la  sua eccezionale performance in gara.

Porto la moto da Firmino per l’assemblaggio finale e la messa a punto quando salta fuori, assolutamente inaspettato, il secondo casino: Luca mi comunica che non verrà, accampando scuse assolutamente improbabili: improvvisamente non ha più i soldi per venire, non si fida più della moto che lui stesso ha preparato, gli si è rotto il computer, …. Ancora oggi non ho capito bene cosa gli sia successo, fatto sta che lui ha collezionato una figuraccia eccezionale e mi ha lasciato completamente in brache di tela.

Comincia l’affannosa ricerca del terzo pilota (mancano non più di due settimane alla gara) ma anche Alberto, inaspettatamente si trova in difficoltà (molti penseranno: ma Alberto che c’entra, non fa parte di un altro team? Alberto c’entra, c’entra sempre, ma ne parleremo più avanti).

Mentre lui cerca di convincere un suo amico Yamahamunito, io provo a coinvolgere Davide, allo stato nostro meccanico, che non è mai stato in pista ma che voci di corridoio danno per buon pilota. Davide accetterebbe, ma un veto familiare lo blocca. Siamo a sei giorni dal limite ultimo per iscriversi ed ancora in alto mare.

Intanto da Firmino si lavora intensamente per completare la moto. Lui ha la schiena bloccata, cerco di dargli una mano come posso. Appena vede il nostro telaietto portasella urla disgustato di buttarlo via (effettivamente non era granché) ed in un ora lo rifà. La carrozzeria ancora non c’è, arriverà il venerdì prima della gara, Tiziano si mette in gioco personalmente e riesce a farmi fare il sellino in neoprene in meno di due ore.

 Siamo ancora senza il terzo pilota; Tiziano prova a parlare con un suo amico, Alessandro, un ragazzo che gira spesso in pista con la sua R1. Ci vediamo il sabato mattina e, grazie anche al contributo di tutti i guzzisti entusiasti presenti da Scola, accetta!

Siamo salvi, il team si è riformato. Il 15 settembre, ultimo giorno utile, ci iscriviamo ufficialmente: Il Wil Coyote Corse Team esiste.

In mezzo a tutti i casini mi era completamente sfuggito che mancava il carrello. Mi dicono che Davide ne ha uno ma lo chiamo troppo in ritardo: un suo amico con cui lo ha in comproprietà, l’aveva già prenotato per andare ad Adria e quindi non è disponibile.


Sono completamente nellammerda!


Carrelli non se ne trovano e manca meno di una settimana alla partenza; decido di noleggiare un furgone; lo trovo ma, anche con le tariffe aziendali, la spesa è considerevole.

In preda alla più profonda depressione il lunedì, a due giorni dalla partenza, mi viene in mente che forse il carrello si può affittare; comincio a chiamare tutti i noleggiatori di moto ma la risposta è sempre: mi spiace, non affittiamo i carrelli.

 All’ultimo tentativo un pò di fortuna: il ragazzo, gentilissimo, dall’altra parte del telefono mi dice che il carrello ce l’hanno, ma non me lo può affittare, però me lo può prestare! Incredulo, mi metto d’accordo per ritirarlo la mattina dopo.

Alla mattina del martedì, recuperato il Camper di Alberto, attacco il carrello, carico la moto, mi lancio in un’affannosa ricerca di candele adatte (nella concitazione me ne ero dimenticato) preparo i bagagli e sono pronto, domattina si parte. Apprendo anche che Coluke ha problemi personali e non sarà della partita: peccato, ma oramai è tardi per trovare un sostituto, vedremo di reclutare qualcuno sul posto.

 In serata, quando oramai credo di avercela fatta, arriva un SMS da Davide: giovedì ha una riunione di lavoro e non crede che riuscirà a prendere in tempo l’aereo.

Sono allo stremo: chiamo Ilenia, le chiedo com’è la situazione e se può fare qualcosa; mi dice che farà tutto quanto in suo potere che, evidentemente non è poco perché, alla fine, entrambi saliranno su quell’aereo.

Da – 2 a  0

Mercoledì 22 settembre 2004, alle ore 8.00 imbocco l’autostrada con il camper strapieno di tute, caschi, cavalletti, taniche, pezzi di ricambio, ecc. ed anche il compressore. Tiziano mi dirà “ma che cazzo te lo porti a fare il compressore?” Devo dire, ad onor del vero, che non è stato il primo a venirmelo a chiedere in prestito, ma il secondo!. 

 Sul viaggio c’è poco da dire: 1600 km in un giorno e mezzo, controllando ogni tanto nello specchietto che O’ Animale fosse sempre al suo posto, sono passati abbastanza velocemente. Arrivo a Cartagena alle 15,30 del giovedì e mi fiondo subito in circuito.

Il circuito è deserto, nel senso che non c’è nessuno, e nel deserto, nel senso che non c’è un filo d’erba, solo sabbia e sassi ed una solitaria palma in corrispondenza della famosa “curva della palma”, appunto, curvetta un pò stronza, ad onor del vero.

Però è bello, l’atmosfera molto rilassante, c’è un gran silenzio. Mi guardo un pò intorno, bevo una coca e torno in albergo.

 Davanti all’albergo incontro il team Moretti. Li riconosco, c’eravamo visti ad Adria. Scopriamo di avere il box in comune e allora mi accodo per tornare in circuito e scaricare la moto ed il materiale. Chiedo: “ma dov’è la moto?” “Nel bagagliaio della macchina” mi rispondono in coro.

Penso mi stiano prendendo per i fondelli; arriviamo in circuito e scopro che è vero. La moto è, completamente smontata, NEL BAGAGLIAIO DELLA MACCHINA!

Incredibile! Tirano fuori telaio con motore, forcelle, ruote, ammortizzatori, carrozzeria e tutto il resto e si mettono al lavoro: in meno di un’ora la moto e pronta e loro son lì a provarla nel piazzale del parcheggio!

Arriva Miguel Angel; scambiamo dodici parole (parla solo spagnolo!) e mi permette di fare il giro a piedi della pista. Stacco un ottimo tempo: circa 30 minuti per fare i 3500 metri del giro completo (quasi come in gara!).

A vederla da vicino il timore aumenta: salite, discese, curve in salita, in discesa, cieche, tornantini, esse, insomma, tutto l’ambaradan di una bella pista tecnica.

 Pensieroso torno in albergo dove incontro Gas Gas e signora, Fange con CiPi e Peppe. Ceniamo insieme al ristorante dell’albergo (non un granché davvero); atmosfera molto soft, rilassata. Più che una gara sembra di essere ad un raduno. Si va a nanna. Alle tre e mezza vengo svegliato dai miei compagni di stanza, in arrivo dalla Malpensa. Per un pò li sento armeggiare, poi crollo nel sonno dei giusti: domattina si comincia!

Ora 0

 Alle 8.30 siamo in pista! La prima cosa che mi colpisce è che si tratta di gara vera. Il paddock è pieno di camion, camioncini, carrelli, i box sono strapieni di gente, moto, ferri, cavalletti.

Le moto urlano con i loro scarichi aperti, la gente cerca di urlare ancora di più per farsi sentire: assolutamente eccitante; non vivevo un’atmosfera del genere da quando da ragazzo, insieme a Camillo (Benso Conte di Cavour) andavamo a Monza a vedere i GP di F1.

Si comincia a provare, le moto entrano ed escono dai box. Noi siamo impegnati a seguire la nostra e riceviamo un sacco di complimenti per la livrea tutta gialla (fedeli al primo comandamento del Maestro che recita: “La moto può anche non accendersi ma deve essere comunque dignitosa”).

Con la coda dell’occhio mi accorgo nei box vicini di valvole piegate, aste sbarellate, cambi sfollanti, ecc.. insomma, tutti a cercare di sistemare i propri guai meglio che si può, in un’atmosfera di grande comunità: ci si presta attrezzi, consigli, manodopera, si rincuora chi è in ambasce e si fanno sempre i complimenti alla moto del vicino.

 Accendiamo la moto, parte! Già questo è un successo, la cosa non era assolutamente scontata. Esce Ale per primo; sarei dovuto uscire io, visto che ero responsabile del montaggio, ma le gambe non sono ancora ben stabili. Ale completa il primo giro e scopriamo che:

  1. La moto funzione benissimo
  2. Ale va come una bestia e già dai primi giri si colloca intorno ai 2.08 – 2.10.
Tocca a Fabio e scopriamo che

  1. La moto continua a funzionare benissimo
  2. Fabio va come un disperato e stampa tempi simili a quelli di Ale.
Salgo io e scopro che

  1. La moto funzione benissimo, se non si sta attenti si arriva facilmente agli 8000.
  2. Segno tempi ridicoli, però sono abbastanza tranquillo, non me lo sarei aspettato.
Nel pomeriggio cominciano i problemi anche per noi: Ale torna al box con il cambio bloccato! Per un attimo mi prende lo sconforto più totale; fare tutta quella strada e non riuscire neanche a partire! Grazie al cielo scopriamo che è solo la leva che si è grippata sul supporto (per fortuna a noi è capitato in prova; ai Minchions, che montavano gli stessi comandi, è successo in gara e Iosca ne porta ancora i segni). Smontiamo tutto, Fabio si arma di lima, recuperata da Nello, credo, ed in quattro e quattr’otto il problema è risolto.

Dopo un pò arriva il secondo problema: a 6000 giri il motore comincia a scoppiettare. Coinvolgiamo un pò tutti, Bruno e Tiziano, i Moretti, Mauro Abba, Davide da prova di perizia inaspettata e vengono sostituite, nell’ordine: candele, getti, puntine e condensatori (fornite da Abbadini), bobine (gentilmente prestate da team Moretti), ma non c’è un cazzo da fare, la moto scoppietta e continuerà per tutta la gara. Probabilmente entra aria da qualche parte ma non riusciamo a trovare la falla.
                                                              
Gara!

 E finalmente ci siamo:

Con la moto scoppiettante, ma che comunque, a fatica, riesce a prendere ancora i 7500, Fabio stampa uno straordinario 2.05.756 che ci vale il 12° posto in griglia. Su 38 partenti non è davvero male. Siamo increduli e felici, ma c’è poco tempo per gioire; dopo poco parte il giro di riscaldamento e la gara prende il via.

 La partenza è bellissima: i piloti che corrono verso le moto accese e poi un rombo incredibile, trentotto assatanati che si fiondano verso la prima curva in fondo al rettilineo in un rumore assordante.

Per noi parte Ale; gli facciamo tutte le raccomandazioni del caso: vai tranquillo, la gara dura sei ore, non val la pena intrupparsi alla prima curva, ma lui è freddissimo, partirà alla grande ed al primo passaggio manterrà la dodicesima posizione.

La gara si snoda. Passiamo ventiduesimi alla prima ore, ma poi ci manterremo sempre fra l’undicesima e la tredicesima posizione.

Intanto cominciano i primi ritiri: la n. 1 non è neanche partita che è già ferma ai box; sapremo dopo che gli succederà di tutto, compresa una caduta del povero Iosca per il grippaggio della leva del cambio, appunto.

La Fange-Peppe-CP moto va come un treno e i tre tirano come dannati, riescono ad arrivare fino alle prime posizioni, poi un grippaggio del motore, probabilmente stressato dal quintalaggio dei piloti, li costringe al ritiro.

Il Team Moretti è inarrestabile, l’unico di noi che si permette di scender sotto il muro dei due secondi. Purtroppo nell’ultima mezzora, quando oramai il quarto posto è ampiamente alla loro portata, problemi prima alla  batteria e poi al cambio gli faranno perdere alcune posizioni. Concluderanno comunque settimi e primi dei Team italiani.

I Votantonio vanno bene. Viaggiano più o meno intorno alle nostre posizioni. Verso metà gara gli succede una cosa incredibile: BUCANO! Per fortuna i Minchions gli prestano la loro ruota posteriore che però, essendo più larga, tocca sul forcellone e li rallenta un pò.

Nello e la sua band sono straordinari con una moto un pochino in ritardo di preparazione (manca anche il contagiri). Gas Gas purtroppo cade in una curva secca in salita che a me non è mai piaciuta (ma io non faccio testo, si sa) e fra recupero della moto, riparazioni al comando del cambio, disintegratosi, e ripartenza, perdono un fracasso di tempo. Gas è bianco come un lenzuolo, in fondo è il decano del gruppo, ma, stoicamente, dice che sta benissimo, solo qualche piccolo dolorino. Si scoprirà poi che ha tre costole incrinate oltre a botte ed ematomi di vario tipo.

E noi?

Come detto veleggiamo intorno alla dodicesima posizione. Ale e Fabio vanno come dei matti (a sei giri dalla fine Ale stabilirà il nostro miglior tempo in 2.03.196, fantastico, considerando che la bestia continua a scoppiettare).

Io vado pianissimo, praticamente ho il passo dei peggiori della 250. Mi impegno, ma i tempi non calano. Comunque vado, non rischio molto, a parte un bel folle alla staccata in fondo al rettilineo, e non credo di aver rotto troppo i maroni agli altri.

I cambi ed i rifornimenti vanno via che è una meraviglia (se non si conta un versamento di benzina sulle teste roventi che per un pò non m’è venuto l’infarto). Un grandissimo ringraziamento al papà di Ale che, per fortuna, ha avuto la brillante idea di accompagnare il figlio ed è stato immediatamente cooptato per aiutarci nei rifornimenti. Senza di lui probabilmente ci saremmo fermati a metà gara per mancanza di benzina!

Alla quinta ora litigo un pò con la direzione corse, peraltro perfetta nelle prime tre ore, recupero il foglio dei tempi e scopro che siamo dodicesimi a meno di 7 secondi da Davide-Indaco-Adelio. Parlo con Ale che deve fare l’ultimo turno, gli chiedo di fare uno sforzo per tirare 40 minuti e, soprattutto, gli dico di puntare il 14!

Non so cosa è successo in quegli ultimi quaranta minuti. Fatto sta che la bandiera a scacchi arriva come una liberazione: sei ore sono tante e la tensione non è stata poca. C’è grande festa, tutti (più o meno) sono soddisfatti cominciano le foto di gruppo ed arrivano i risultati finali: siamo decimi assoluti e settimi di classe, secondi solo ai Moretti fra i team italiani. Non riesco a crederci! Ancora incredulo chiamo immediatamente il Maestro che quasi piange nel telefono, non ci crede nemmeno lui ma se lo meritava, ha messo giù veramente una gran moto. Chiamo anche mia moglie, ovviamente, non solo per comunicare il risultato, essenzialmente a mio figlio che al ritorno a casa mi farà trovare anche una coppa!, ma soprattutto per informarla che la gara è finita, io sono tutto intero e nessuno si è fatto male.

Finale di giornata con grande festa, cena, premiazioni, medaglie, complimenti, battutacce, degna conclusione di un’esperienza indimenticabile.


Alla mattina riparto per i 1600 km che mi riporteranno a casa, ma già pensando alle modifiche da apportare a O’ Animale: in fondo gennaio non è così lontano.


O.

Si ringraziano:

 Alberto

ALBERTO C’E, ALBERTO…., C’E’ (direbbe Guido Meda). Alberto c’è sempre, quando pensi che non ce la farai, ti manca un pilota, un carrello, un pulmino, devi verniciare la carrozzeria di domenica o fare la tabella portanumeri, ...  Alberto c’è. Un grande amico ed anche un gran pilota, peccato corra per un altro team.


Firmino


Un eccezionale meccanico, un amico ma soprattutto una persona straordinaria. Senza di lui tutto questo non sarebbe stato neanche pensabile.


Bruno e Tiziano


E’ vero, faccio parte del loro motoclub, ma non sono un loro cliente in senso stretto. Eppure si sono sbattuti come dei matti per darci l’opportunità di partecipare, non lesinando aiuti e consigli anche durante la gara. Grandissimi.


Mauro


Tre telefonate che mi hanno salvato la vita. Ho imparato che su di lui si può sempre contare. Un amico in più.


Il Team


Semplicemente fantastici, hanno dato l’anima ed anche più. Se tutto è filato liscio lo devo essenzialmente a loro: Fabio ed Ale piloti straordinari, Davide che si è dimostrato un meccanico di tutto rispetto (da un ingegnere non me lo sarei mai aspettato!) Ile che ha tenuto incrollabile la sua postazione al muretto per sei ore cronometrando, segnalando (con il cartello “BOX” più vezzoso di tutto il Paddock), rifocillando e rincuorando i piloti consumati dal caldo e dallo sforzo, ed il papà di Ale che, venuto probabilmente con l’idea di farsi una vacanza, alla fine era più sudato di tutti noi. Incommensurabili.


Mia moglie


So che ha passato due giorni nell’ansia più totale pregando tutti i santi che non mi succedesse nulla, ma non ha mai fatto ne detto niente per impedirmi di partecipare a questa follia, probabilmente conscia che la passione per la moto è sì costosa e pericolosa, ma indubbiamente meno costosa di un analista e molto, molto meno pericolosa di un’amante diciottenne.














.



Nessun commento:

Posta un commento